Quando “Bagboy” è apparso in rete come fulmine a ciel sereno, nessuno poteva dire di aspettarsi una nuova uscita discografica dei Pixies.
Black Francis (fino al 2006 è stato “Frank Black”) sforna album ed EP con una prolificità impressionante (da solo o con la moglie Violet Clark sotto il segno dei “Grand Duchy”) e, di tanto in tanto, da quando i vecchi dissapori sono stati esorcizzati (A.D. 2004), gira il mondo con i Pixies, una volta con la scusa di celebrare “Doolittle”, un’altra proponendo, semplicemente, i grandi classici da due minuti e mezzo che hanno ispirato un’intera generazione di disadattati degli anni ’90.
Dunque, perché non aspettarsi un EP di quattro inediti come questo?
Il primo motivo, quello che ogni fan di vecchia data dei Pixies considera, è che dal momento della cosiddetta “reunion” l’unico inedito sfornato dalla band è stato “Bam Thwok” (semper A.D. 2004), un’idea di Kim Deal poi inclusa nella colonna sonora di Shrek 2. Dopo nove anni di aspettativa, di certo, la speranza di ascoltare un nuovo album era stata accantonata in un angolo della mente (a farle compagnia, ad esempio, l’illusione di un nuovo album dei Cure).
In secondo luogo, di certo ragione più decisiva della precedente, è che, poco prima dell’uscita di “Bagboy” (per la cronaca, scaricabile qui: http://www.pixiesmusic.com/ep1-eu/), era stato annunciato l’abbandono del gruppo da parte di Kim Deal. Notizia che ha, sine dubio, atterrato completamente le fantasie circa qualsiasi produzione e, forse, anche l’idea di un nuovo tour mondiale.
Eppure, proprio quando i Pixies come li conoscevamo sembravano finiti, eccoti spuntare dal cilindro un nuovo singolo e un nuovo EP. Non solo: un nuovo BEL singolo e un EP all’altezza di ogni altra cosa rilasciata dalla band in precedenza. Dopo un attimo di confusione (chi avrebbe potuto affermare che i cori di “Bagboy” non fossero opera di Kim Deal?) e l’annuncio che Kim Shattuck (The Muffs, The Pandoras) avrebbe rimpiazzato la storica bassista dal vivo arriva anche la notizia di un tour europeo. Più di una cosa in cui affondare i denti per tutti gli adepti, che si sono sentiti un po’ spaesati. Lo stordimento di molti, ci scommetto, è scaturito anche dal fatto che il disco suona bene anche senza Kim Deal (in questo EP sostituita da Simon “Dingo” Archer, ex-bassista dei Fall di Mark E. Smith e di PJ Harvey).
“Andro Queen” vede il buon Francis in veste di crooner, regalandoci una marcetta malinconica che, a ben vedere, possiede tutti gli ingredienti di una tipica canzone dei Pixies, per quanto priva delle distorsioni “made in Boston”. L’evocazione di pianeti lontani (“She’s off on a silver rocket, off to the gas and rings of Saturn”) e il bridge in spagnolo rassicurano gli affezionati e ricordano un po’ le atmosfere di “Wave of Mutilation” (in questo caso sarebbe più consono prendere in considerazione la versione conosciuta come “UK Surf”) e l’idea ispiratrice che risiede dietro un album duro e crudo come “Trompe le Monde”. Insomma, se questo EP inizia “in sordina”, favorendo le melodie pop alle schitarrate furiose che tanto hanno ispirato i Nirvana, non c’è da stupirsi più di tanto: i Pixies sono ancora qui pronti ad inondarci di surrealismo “baconiano” e sognanti, osceni mondi paralleli. “Another Toe in the Ocean” prosegue il discorso affrontato in precedenza: se “Wave of Mutilation” rappresenta il testamento di un Francis ancora giovane, pronto all’addio e pronto ad abbandonarsi all’oceano tra sirene e crostacei, la seconda traccia di “EP1” sembra riflettere ancora una volta la necessità di fuggire da un mondo che non lascia molto spazio alle fantasie fanciullesche (“No more waiting for a new day/You’ve got to swim sometimes”) e ai desideri più naturali ed istintivi (“I’ll be here for the rest of my life/Up in the land of green/Making love in the cool, black sand/Thinking where I’ve been”; “Merry making with the fairies/Going down to the onion patch/To you and me, to shining seas/I see the lights of Edward Thatch”). Sebbene non sia onesto nei confronti del gruppo soffermarsi sui testi volutamente torbidi e visionari, credo sia indicativo il fatto che Francis, nell’ultimo verso, citi il pirata “Barbanera”, tanto per rimarcare l’imperitura e bambina spontaneità dei Pixies.
“Another Toe” sembra tracciare una linea con il resto del disco: l’ultimo episodio pop più puro e semplice prima di riesumare i vecchi elementi punk ‘n’ roll. In “Indie Cindy” (il singolo scelto per promuovere l’EP) Joey Santiago e Dave Lovering si destreggiano tra una falsa partenza, ritornelli “surf rock” e strofe cadenzate dall’austera parlata di Frank-Black-Francis (impegnato a citare “Subbacultcha”). “What Goes Boom”, l’ultimo brano, viene celebrato in rete come il più rievocante i Pixies degli antichi fasti. Decisamente, tra le rime bizzarre (“Ping pong bingo, fills à la Ringo”) sussurrate su un tappeto di distorsioni, verrebbe da urlare quell’ormai celebre “Rock Me Joe!” di “Monkey Gone to Heaven”. Si ha l’impressione che Santiago (lo stesso che ha usato bacchette e lattine per riprodurre i singulti di “Vamos”) si sia trattenuto fino a questo preciso momento, aspettando di esibirsi in una coda furiosa, uno di quei soli che lo ha reso famoso e che ha insegnato ad intere schiere di musicisti che si può produrre “rock” con poche, pochissime note.
Fa specie non sentire i cori e le marcature di Kim Deal, questo è certo. Fatto sta che i Pixies sono tornati. Finalmente.
“EP1” scoraggia l’idea di un album, ma lascia spalancate le porte di nuovi episodi. Un romanzo a puntate, insomma, in edizione limitata.
Quasi sicuramente nel prossimo lavoro in studio “Ding” farà posto alla Shattuck che, forse, saprà comporre linee di basso all’altezza di vecchie, semplici glorie come “I Bleed” e “Debaser”. Altresì, probabilmente, saprà prodursi in un controcanto che, purtroppo, renderà sopportabile l’assenza della Deal. Quién sabe?
L’unica cosa certa è che Charles Michael Kittridge Thompson IV (sì, Black Francis) non si è montato la testa. A quanto pare, nemmeno quando ha composto una colonna sonora per la versione restaurata di “The Golem” del 1920 presentata al San Francisco International Film Festival. Joey Santiago e Dave Lovering, d’altro canto, sembrano essersi preservati per un lavoro del genere. La semplicità degli esordi è rimasta costante negli anni e questo EP lo dimostra.
Mentre il futuro rassicura e spaventa lo zoccolo duro dei seguaci, nel mondo dei “revival” e delle “reunion” qualcuno starà certamente tremando: i Pixies sono tornati e stanno per insegnare un po’ di cose.