“Exodus” è l’ultimo album – nonché il diciottesimo – della band darkwave olandese Clan of Xymox, uscito il mese scorso, più precisamente il 7 giugno 2024.
E’ considerato uno dei loro lavori più oscuri. E’ infatti composto da dieci tracce che affrontano temi molto attuali, come la guerra e l’avidità. Ronny Moorings, attraverso questo disco, ha voluto usare la sua voce per parlare della condizione del mondo in cui viviamo; del dolore e dello sconforto che egli prova in relazione a quest’ultima, sentimenti molto comuni a tutti noi.
Non è un ascolto facile dal punto di vista emotivo; a volte però, quando ci sentiamo sopraffatti e ascoltiamo musica malinconica, in qualche modo ci consola, perché sentiamo che c’è qualcuno che ci capisce. Che non siamo soli. Credo che sia proprio questo quello che ha voluto comunicare Moorings con questo disco e molti altri. In più, è sicuramente anche un po’ il senso della maggior parte dei testi del mondo post-punk/darkwave/goth rock. Chi non ne fa parte crede che siano deprimenti, ma in realtà – seppur sia una visione piuttosto romantica – è proprio grazie a certi artisti e al loro coraggio di esprimere sentimenti che non sempre vengono affrontati, di parlare di verità scomode e dei lati oscuri della mente, che molti di noi siamo vivi.
Ma ritorniamo ad Exodus: nonostante i suoi temi, musicalmente sono presenti suoni sia cupi che ballabili. Tra le tracce che risaltano maggiormente e che rispecchiano ciò che l’album vuole rappresentare, troviamo: “Save Our Souls”, “Fear For A World At War”, “I Can See Miles Across”, “Blood of Christ”, e “X-Odus”.
“Save Our Souls”, è un singolo che è stato in realtà rilasciato il 23 marzo 2022.
Non è difficile però capire perché è stato inserito in quest’album: è dedicato, infatti, alla popolazione ucraina vittima di guerra. Il suo ricavato va proprio alle associazioni di beneficenza che si occupano di aiutare persone e animali in Ucraina in condizioni di difficoltà.
Decisamente lodevole usare il proprio successo e il proprio privilegio per una buona causa.
Il brano comincia con un coro ucraino che intona un “no alla guerra” durante una manifestazione per la pace. Quest’ultima è possibile vederla nel video musicale, in cui ci viene mostrato, inoltre, ciò che le persone devono affrontare a causa di tale atrocità, come viene descritto nel testo: l’essere costrette a vedere le proprie case crollare a causa di un conflitto tra uomini al potere che dovrebbero proteggerle; a cambiare le proprie vite e ad abbandonare i propri affetti.
Dopo il coro del popolo Moorings comincia cantando:
“See all the others / Helping each other” “Guardate tutti gli altri / aiutarsi reciprocamente”.
Viene descritto, quindi, anche quel forte senso di solidarietà che viene fuori in queste situazioni estreme. Qualcosa di positivo, ma c’è davvero bisogno di situazioni come questa per mettere da parte quella competizione tossica – che mette al centro i singoli più che la società come insieme –
e iniziare a collaborare, rimettendo al centro di tutto l’umanità?
Il pezzo non è soltanto una “rollercoaster” in senso emotivo ma anche dal punto di vista musicale. Si alterna un ritmo dark synth lento ad uno più veloce e ballabile, come scritto precedentemente.
Senza dubbio un’opening track molto appropriata che dona diversi spunti di riflessione.
La seconda, “Fear For A World At War”, è molto autoesplicativa. E’ un’altra canzone sulla guerra, ma con una melodia molto più tetra rispetto all’ultima, cosa che riflette, appunto, la paura.
“This world seems to be full of hate / We live in fearful times”
“Questo mondo sembra pieno di odio / viviamo in tempi spaventosi”
Così canta Ronny. Come si può andare avanti in questo modo?
La risposta forse risiede in quel “We need to stand tall as one” “Dobbiamo restare uniti”.
“I Can See Miles Across”: ho inserito questa traccia tra quelle di spicco per la sofferenza
descritta che stavolta sembra riguardare l’insuccesso del protagonista in amore, ma potrebbe essere collegata a molto altro, persino a quello che egli ha cantato finora: la difficoltà nel creare connessioni nell’attuale contesto sociale; quel senso di solitudine che va oltre una “semplice” relazione, piuttosto è quello che si prova quando, scoraggiati per i nostri problemi personali e quelli del mondo, pensiamo di essere gli unici a sentirci così.
Quell’essere soli che di sicuro non si limita soltanto ad una mancanza fisica.
All’inizio del brano sentiamo un effetto sonoro che richiama le stelle e che fa pensare ad un’ambientazione notturna, infatti si parla di insonnia.
“Some say give it another chance / Another one, another one
Some say there’s nothing wrong / With being on your own
I can’t sleep no more / I lie awake
My pillow’s drenched with tears / I can feel the heartache
Some say you’re not alone”
“Alcuni dicono dagli un’altra possibilità / un’altra ancora, un’altra ancora
Altri dicono che non c’è niente di male / a stare da solo
Non riesco più a dormire / sto sveglio
Il mio cuscino è inzuppato di lacrime / sento il dolore
Alcuni dicono che non sei solo”
“Blood of Christ” è una delle tracce più dinamiche che ci permette di ritornare a quel sound un po’ più “dance” che con l’ultima avevamo messo da parte.
Qui troviamo quell’avidità menzionata a inizio articolo:
“I’ve seen it all before / People wanting more”
“Ho già visto tutto questo / persone che vogliono di più”
Nel ritornello è presente anche un tipo di piacere fugace:
“I drink the blood of Christ / I hold the cup of delight / I forget about the world”
“Bevo il sangue di Cristo / reggo la coppa del piacere / mi dimentico del mondo”
Ritorna anche il tema della guerra:
“Every day there’s a war” “ogni giorno c’è una guerra”
“X-Odus”, altro singolo che rimane fedele allo stile dell’ultima traccia e ci fa “ballare nell’oscurità”
nonostante il mondo malato descritto finora e che continua ad essere denunciato:
in particolare riguarda la libertà che nella società moderna viene sempre più ostacolata.
“Things are getting harder / For who wants to be free”
“Le cose si stanno facendo difficili / per chi vuole essere libero”
Inoltre, verso la fine del brano, possiamo sentire “They all feel crushed by the wheel” (Si sentono tutti schiacciati dalla ruota), che potrebbe essere un’analogia per qualcosa di più grande, ad esempio un riferimento ai meccanismi di un sistema sociale che spesso finisce per opprimerci.
Possiamo dire che gli Xymox abbiano scelto il momento perfetto per il loro ritorno, “approfittando” della situazione per trasformarla in nuovo lavoro ed esprimere la loro opinione al riguardo, come hanno già fatto in passato. Il risultato? Un disco niente male, che ci ricorda che anche nei tempi più oscuri, possiamo trovare un modo per “continuare a ballare”, specie se uniti.
Exodus by Clan Of Xymox