
Trent’anni di carriera , trent’anni di musica , trent’anni di storia , di costumi e di rievocazioni . Gli Ataraxia sono sicuramente tra i pionieri della musica neofolk dalle tinte scure del nostro paese . Attraverso le loro interessanti e personalissime prospettive ci hanno regalato brani che trasudano emozioni e che descrivono universi magici , sfocati dal tempo ma che attraverso la loro musica rivivono sempre più vividi e scintillanti.
Francesca Nicoli, Vittorio Vandelli, Giovanni Pagliari e Riccardo Spaggiari anche questa volta riescono a colpire nel segno attraverso un disco eclettico dal retrogusto onirico . Ena , dal greco unità, appare sin da subito ambizioso sotto il profilo narrativo ed elegante e malinconico in quello ritmico.
Il platter ci appare come un poetico affresco increspato da umori medioevali tinteggiato da colori poetici orientali. Il sipario si apre con la title track , una versione rivisitata del Kyrie Eleison , supplica che si canta durante una messa romana. Roy Richart è una dedica personale all’impavido Riccardo Cuor di leone dove le vocals di Francesca Nicoli donano un tocco di sacralità alla sua mistica anima . In Agnus Dei si sottiglia quella patina di mistero che conferiva un fascino arcano alle precedenti tracce , lasciando spazio a sentieri più eterei e fragili smussati e filtrati attraverso una sublime raffinatezza folk , incisa a sua volta in cornici vellutate in costante bilico tra sacro e profano.
Si può cogliere la volontà degli Ataraxia di ampliare il loro spettro espressivo attraverso il duplice indirizzo di una maggiore fruibilità melodica e della manipolazione di un folk dai tratti tradizionali ma che pian piano si svelano più sofisticati rispetto al passato.
La’awayiah è una traccia superba , cantata in italiano con un testo del poeta irlandese W.B. Yeats. La scelta di evocare il poeta non fa altro che evidenziare l’eleganza di questo Ena e mette in risalto come il disco sia frutto di una estenuante ricerca , di vedute raffinate e di una cura certosina nei particolari. Magnificat trova il suo baricentro nella freschezza vocale di Giovanni Pagliari . La sua semplicità sboccia come un fremito polveroso dal passo lieve e sognante che implode caldo attraverso un lento ma inesorabile crescendo.
Ena è dove il passato sfuma in una lenta dissolvenza e dove il suo presente trascolora già il domani. Con un sound assolutamente evoluto ma senza rinunciare ai punti fermi del passato , attraverso immagini e suoni che chiedono soltanto uno spazio nell’animo di chi ne fruisce.