
Il nuovo album dei Death In June, senza alcuna necessità di utilizzare troppi giri di parole, è tutto quello che ci saremmo aspettati subito dopo il dittico di capolavori neofolk degli anni ‘90, “But, What Ends When The Symbols Shatter?” e “Rose Clouds Of Holocaust”.È a quell’arco temporale che infatti va ricollocato.
Le suggestioni sonore che popolano le 12 tracce sono quanto di meglio partorito dalla mente di Douglas Pearce da vent’anni a questa parte. In un solo batter d’occhio Essence! è in grado di cancellare tutte le occasioni perse dal cantautore in questi lunghi anni, dove ispirazione e collaborazioni criticabili ci avevano sempre consegnato prodotti privi della magia alla quale eravamo invece stati abituati.
Talento è la parola che mi viene in mente per descrivere questo album. E se di calcolo deve anche trattarsi, viste le inclinazioni palesi del Nostro (basti pensare alle numerose ristampe, spesso inutili), non mi interessa minimamente. In Essence! abbiamo tutto quello che ci occorre, il ritorno del basso, i loop elettronici, la chitarra elettrica (con inclinazioni caraibiche di suono davvero apprezzabili), atmosfere morriconiane che fanno capolino solo quando occorre, la tromba e la Sua magnifica voce.
Non ha senso paragonare queste canzoni ai vecchi capolavori. È molto importante invece sottolineare quanto questi brani siano genuinamente ed artisticamente spontanei. Si percepisce il loro fluire da un’ispirazione per troppi anni sopita e fortunatamente tornata prepotentemente alla ribalta. Ma se proprio volete una canzone su tutte allora mi limito ad indicarvi “The Dance Of Life – To Shoot A Valkyrie” sicuro del fatto che ognuno di voi troverà il suo brano preferito all’interno di questa raccolta di gemme preziose dove nessuna canzone può minimamente avvicinarsi al concetto di riempitivo.