Cosa fa un uomo davanti ad un muro? Sogna la libertà!
Potrebbe essere questo il filo conduttore del nuovo, ennesimo lavoro targato Deutsch Nepal, il moniker dietro cui si muove da quasi 30 anni il signor Peter Andersson. Non sto qui a dire da quando lo seguo in modo maniacale, ma posso dire che è tanto. Così tanto che ho imparato nel tempo a calarmi, ad ogni ascolto, sempre di più nei percorsi cerebrali che il nostro ha saputo ricamare lungo una discografia ricchissima di spunti e prodiga di idee. Al centro del suo mondo, fatto di sferragliate elettroniche e declamazioni possenti e disperate vi è sempre stato quel bisogno di evocazione.
Un bisogno che si esplica con il ritmo, un ritmo che diventa ritualità nella sua ripetitività. Un moderno sciamano che fa del battito il tema centrale della sua opera. Ma non uno sciamano che si muove in oscuri anfratti boscosi ma lungo una società post industriale come la nostra. In cui alle rovine della città si sono affiancate anche quelle di fabbriche ed edifici anonimi ed abbandonati. Il suono di Deutsch Nepal anche in questa nuova fatica si presenta sempre attuale già nella title track che lascia esterrefatti per la capacità di saper dispensare proprietà magiche inimmaginabili che servono a condurci verso un viaggio mistico che prende una pausa con le sferzate abrasive di “To mother” per poi cedere il passo all’estatica “How low 2017” con quel suo declamante ed apocalittico incedere. Una traccia che entra in forte connessione con una specie di realtà “altra”. Creando una tecnica estatica che rapisce e che consiglio per chi vuole realizzare determinati rituali.
La ritmica è elemento essenziale per accompagnarci nel mondo del sovrasensibile e Peter, sapendo il fatto suo, diventa una sorta di “pontifex”. La possente “Buttefly” è palesemente, un tentativo per cercare di comunicare con spiriti auditori ed invisibili.
E si sbaglia chi, avvicinandosi a questo disco, crede che si possa essere dominati da forse esterne calandosi in queste lande sonore. Questo è magari la sorte che può toccare a chi non è preparato. In realtà, il ruolo attivo, di chi sa dominare e dominarsi è quello non di essere controllato e condotto ma di dominare. Di evocare ma di piegare alla propria volontà quello che si “richiama”. E’ questa l’ottica con cui bisogna avvicinarsi al lavoro monumentale di Deutsch Nepal e non restare alla superficie. Quello è un approccio capace a tutti. La sfida, non per tutti, è appunto un’altra.
Chi ne è capace si faccia avanti. Chi non ne è capace, magari prima si leggesse “Sciamanesimo: le tecniche arcaiche dell’estasi” di Mircea Eliade.