Dark Horizons, mestamente, ci introduce in un’altra epoca, dove la voce femminile, ora luttuosa, ora angelicamente apocalittica, tesse violacei canti funebri su archi e campanelle.
Underworld domain, per esempio è un pezzo che piacerebbe ai fans di Sopor Aeternus : “Are the only hope/That remains to the souls…/In this eternal realm of pain./This is the only place/I can remember/In my ancient existence./And the gate, I am.
L’atmosfera da Totentanz è costante, così come l’ immane catastrofe aleggia pesantemente (per esempio nell’intermezzo Pantheon in flames, mentre Temple of the morning star e The March Of Shadows, altri intermezzi, medioevaleggiante, la prima, più ballata folk la seconda, dipingono scenari infiniti di Terre Di Mezzo), mentre in molti casi tutto si adagia su una marcia funebre (irrobustita anche da vocals maschili “recitate”, ma sempre “sottofondo”, a cui fanno da altare quelle femminili come nella ieratica e sacrale The Infinite).
Caverna Obscura è cantata in latino, il che aggiunge un ulteriore tocco non solo di liturgia, ma anche di “trascendenza al di là delle barriere del tempo”, così come Only The Blind Can See… e In Signo Mortis raggiungono picchi di sacralità quasi dolorosa: l’anima anela al Cupio Dissolvi, le vocals si fanno eteree, dissolvendosi nell’aria, la musica diventa catarsi: la suntuosità magniloquente e celestiale di In Signo Mortis si configura come totale abbandono dell’anima dal corpo: in questo pezzo, inoltre, la vena oscura e declamatoria della voce maschile, e il coro quasi disperato di quella femminile ricordano da vicino le atmosfere sulfuree e grevi degli Elend.
In Nomine Aeternitatis: “So we awaked/In a place beyond space and time/Where mortal limits last no more….Carried by the shadows we drift/Into another sphere/Erased are fear/And all emotions “; la voce maschile “malvagia” appesantisce come un ossimoro i vocalizzi eterei ed angelici, aggiungendo un tocco di “infernalità”: la band sa dare vita a ballate tra il sacro (le vocals celestiali in ascesa) e la tentazione del terreno e del demoniaco, che pervade tutte le note del cd.
Chiude l’album The seas of Oblivion, una ballata strumentale che ripetendo soffusamente il suono delle onde marine in lontananza, lascia che sia proprio l’acqua, fonte di vita e di movimento perenne, ad abbracciare l’ascoltatore, prima dell’inevitabile fine.
Musica che sarebbe perfetta per rappresentare l’estasi mistica di Santa Teresa.
Un cd da scoprire, malgrado sia uscito ben 12 anni fa…non ha perso un grammo del fascino arcano e abissale d’averno che gli è proprio.
2000