Torna il freddo squisitamente francese. I Guerre Froide, tra i primi pionieri della coldwave e responsabili della diffusione della stessa oltre i propri confini nazionali, con il nuovo “Coruscant” ci trasportano nell’esistenzialismo malinconico che ha segnato il loro successo.
I suoni diventano più tiepidi, più avvolgenti rispetto al distacco minimale che ne ha segnato gli esordi, nei primissimi anni ’80, con la celebre “Demain Berlin“.
Il pezzo di apertura, “La Balance“, mostra un obiettivo ed un’impossibilità, il tentativo di parlare di ciò che non si può descrivere, i limiti di un linguaggio che non riesce a cogliere senza imprigionare in schemi precostituiti. Temi tipici della filosofia francese resi propri dal gruppo di Lille, che li incorpora nel proprio sentire e ce li restituisce filtrati dall’eleganza musicale che li contraddistingue.
I Guerre Froide ci accompagnano dunque con suoni ipnotici e drum machine marziali nell’inesauribile ricchezza di un mondo interiore che “la parole” non può restituire che in parte. Una disillusione, una malinconia, una solitudine in cui l’elegante cantato femminile si intreccia con il “chant” di Yves Royer, che alterna momenti di distacco ad una linea vocale decisa, in cui a tratti si riconosce ancora la rabbia che ha contraddistinto la prima esplosione del post-punk, l’urlo di un disagio interiore.
Passando per la ritmata “Moralité” ci concediamo una pausa, un respiro nel mezzo dell’album, con l’invito “take your time” di “Ça moins ça” di cui la traccia successiva, con l’attesa de “La Chienne” alla finestra, non è che la naturale continuazione in tono ascendente, un crescendo che ci fa tornare infine – e di nuovo – all’impossibilità del linguaggio, a quella che non è che una metafora del dire.
Dopo l’invito alla danza di “Mademoiselle“, ci ritroviamo immersi nella densità del rosso e nero (“couleur rouge, couleur noire“) di “Coruscant“, nell’atmosfera oppressiva dove tornano prepotenti i suoni della minimal, dove l’intensità di voce ed atmosfere raggiunge il suo picco e climax.
L’intero album si mostra come una continua attesa e rincorsa che sembra sottolineare lo sguardo di chi vede il reale con una sensibilità differente e sofferta, con i filtri di un’interiorità mai esprimibile definitivamente, sempre in qualche modo tradita da una sua traduzione esterna.
Oltre “la parole” i Guerre Froide ci consegnano così un sentire fortemente individuale che al contempo caratterizza la stessa condizione umana, un messaggio rivolto a tutti ma percepibile solamente da un cuore aperto all’ascolto.