Poesie di Sergio Corazzini. La poesia di Sergio Corazzini subisce un’evoluzione tanto rapida quanto vistosa. Inizia la sua carriera scrivendo poesie in romanesco. Presto però abbandona l’imitazione dei modi altrui e conquista un linguaggio proprio andando ben oltre di quanto inizialmente si potesse pensare
La Fortuna vuole che proprio la settimana scorsa ho trovato in biblioteca un libro di poesie edite ed inedite di Sergio Corazzini, che già conoscevo per la splendida “Toblack” pubblicata su un’antologia.
Avendo potuto leggere tutte le sue poesie, mi domando sempre di più come mai questo autore (morto ventenne di tisi…) è così poco citato…
Personalmente, ci ho trovate soprattutto influenze leopardiane (per un certo senso di “Natura matrigna” che traspare da molti suoi versi dedicati alla tisi..), malgrado la sensibilità di Corazzini si concentri anche sulle “piccole cose” come in Pascoli, e molti riferimenti siano religiosi, ma di una religiosità semplice,umile,malinconica, per niente celebrativa o pomposa ( per esempio l’autore descrive molto bene suore in preghiera, crocifissi, chiesette)
Le tematiche, oltre alla tisi (Sergio ne soffrì fin da piccolo, insieme alla sua famiglia) sono l’amore non corrisposto, gli amici lontani, il tedio, lo spleen, e i già citati riferimenti religiosi a santuari, madonne piangenti, e cimiteri ( il che lascia presagire che Sergio già sapesse di dover morire da un momento all’altro..)
Vi è molta rassegnazione in lui;non si percepisce rabbia o furia,ma al contrario, sembra che lui stesso fosse sereno nell’aspettare la venuta della Fine.
Riporto qualche verso:
-“Sonetto d’autunno” :” Foglie e speranze senza tregua…non hanno rami e cuori..l’anima poi che nelle audaci voglie si disfece con gli ultimo rossori della sua giovinezza, in foglie e fiori malinconicamente si discioglie”
-“L’isola dei morti” : “Veglia se vada il funebre corteo del morto ignoto oltre le fosche porte ove già tante creature morte stanno come i un fetido museo.Su le pietre dai luridi lenzuoli cola il sangue nerastro degli umani”
-“Soliloquio delle cose” : “Noi non siamo che cose in una cosa: immagine terribilmente perfetta del Nulla”
-“Trittico” : “Nei cimiteri spesse zolle di terra fra le croci sassi e nicchie:dei nomi antichi assai che sopra i freddi marmi bianchi e austeri la lebbra de le pietre cancellò…Monumenti davanti alle cui porte, ove un lume di morti stride ed arde i ragni più feroci hanno filato le sottili tele…”
-“Il cimitero”: ” O morti ignoti, senza croci, senza corone fiorite,..O morti, solo, io porto fiori alle vostre fosse, oggi son rose rosse”
-“Ballata a morte”: “Vergine coronata per le cave tempie dè morti desideri umani, più dolce se più torbido il domani, consolatrice pallida e soave”
– “Spleen”: “Oh che tristezza!Pare nel biancore lunare,malata di etisia con tutte le sue porte chiuse la nostra via diserta”
-“Follie”: “Stelle di cimitero,tetre su le gelide pietre,lugubri sentinelle, e le grandi notturne ali, solcanti l’ombra paurosa che ingombra le tombe, i marmi, le urne..”
-e la già citata “Toblack”, una lunga litania funebre dedicata alla tisi
(“A uno a uno la morte li prepara e tutti vanno verso il tetro abisso, lungo, speranza!La tua dolce via!…Disperata etisia degli ideali anelanti lacrima gloriosa!Ora tutto è quieto, nella bara stanno i giovani morti senza sole, arde in corona la pietà dè ceri.
Anima, vano è questo lacrimare, vani i sospiri, vane le parole su quanto ancora in te viveva ieri”)
A mio parere forse la poesia più riuscita di Corazzini.
Stilisticamente, Corazzini usa molto l’alliterazione, ripetendo parole con suoni identici o simili, regalando così musicalità ai suoi inni.