Dopo le passate vicissitudini, Aaron ha tutta l’aria di essere un serial killer ormai in declino; il suo modus operandi, la sua grinta e le sue – seppur malate – convinzioni appaiono difatti ormai sbiadite e intrappolate in un fisico che non sembra più in grado di sopportare una vita fatta di uccisioni e stalkeraggio. Nonostante tutto questo, egli continua nei suoi diabolici intenti, dispensando i soliti annunci su internet in modo da accaparrarsi altre sfortunate vittime; una di queste è Sara, una videomaker – specializzata in interviste rivolte a personaggi bizzarri – che avrà modo di fare la sua spiacevole conoscenza.
E se l’intento di Aaron fosse meno spaventoso di quello che si potrebbe supporre?
La domanda di cui sopra potrebbe benissimo suggerire quelle che sono le differenze sostanziali rispetto al capitolo precedente, sempre diretto dall’intelligente Patrick Brice; il giovane regista, se con la prima parte cercava di ricostruire un’atmosfera dove l’ambiguità e l’incertezza tratteggiavano il racconto, con “Creep 2” si concentra invece sulla metamorfosi psico/fisica di Aaron, qui alle prese con un personaggio femminile che gli darà non poco filo da torcere. Un’altra novità – non meno importante – è la scelta di rivelare fin da subito la natura assassina del protagonista, e di conseguenza dare la possibilità alla sfortunata ragazza di essere padrona del proprio destino. In virtù di questa strategia narrativa, il film parrebbe in parte rifarsi alla logica de “Il cameraman e l’assassino”, gioiello del genere mockumetary dove, guarda caso, la violenza veniva ricercata e filmata in maniera più o meno consapevole. In tutto questo è interessante notare il rapporto sottile che si sviluppa tra le due personalità principali dell’opera, ovvero un carnefice in crisi depressiva ed una vittima che, paradossalmente, cercherà in tutti i modi di stimolare l’aggressività di Aaron pur sapendo di avere di fronte un uomo altamente disturbato. In questo contesto, dove la ricerca economica spinge un individuo ad affrontare – con o
ggettiva incoscienza – un pericolo pronto a manifestarsi in qualsiasi momento, la storia si avvale di numerosi tempi morti e pause che, in pellicole come queste, rischiano irrimediabilmente di far calare l’interesse dello spettatore; benché la qui presente tecnica della camera a mano – ad onor del vero terribilmente inflazionata – possa offrire un minimo di coinvolgimento generale, lo sviluppo narrativo è purtroppo disarmonico e macchinoso, con numerose parentesi prive di quella genuina inquietudine che caratterizzava il predecessore.
“Creep 2”, in buona sostanza, si fa apprezzare per l’ottima prova di Mark Duplass (attore di indubbio talento e capacità) e per alcuni risvolti di discreta implicazione psicologica, tutte caratteristiche che nella loro totalità caratterizzano un prodotto non entusiasmante, ma di discreta fattura.