Van Sant, attraverso le immagini, sembra voler prendersi gioco dei tentativi di motivare l’esplosione di follia dei due giovani assassini: i dispetti da parte dei compagni, il documentario sul nazismo guardato poco prima della strage, un videogame il cui unico obiettivo è quello di sparare a delle figure umane, sono solo degli accenni o poco più che non hanno una densità tale da essere considerati come le cause di quegli atti.
Il montaggio è il principale strumento creativo utilizzato dal regista per costruire il racconto: un uso fine e raffinato di flashback, flashforward, della replica/ripetizione della medesima scena da punti di vista diversi e di inserimenti, di volta in volta, di differenze minime ma significative nella successione degli eventi, contribuisce a creare un singolare “effetto realtà”.
Le immagini “non dicono nulla su quanto rappresentano. Paradossalmente la loro ricchezza, la loro profondità è anzi tutta nella capacità che hanno di innescare il meccanismo ermenuetico della dissezione e della ricostruzione, dello smembramento e della ricomposizione del monstrum”.*
Ai ragazzi che hanno recitato nel film è stato chiesto di improvvisare situazioni assolutamente normali come salutarsi, baciarsi, chiacchierare, scattare delle fotografie; vengono rappresentati i differenti percorsi individuali dei protagonisti che convergono su un unico, paradossale orizzonte di senso, la strage, che accomuna vittime e carnefici in un identico destino fatto di morte e autodistruzione.
Il film si svolge nell’arco di una sola giornata in una high school di Portland. John in un certo senso è la “guida” del film che percorrendo la scuola ci mostra la vita scolastica e gli studenti, Elias, ragazzo solitario e sognatore amante della fotografia scatta e sviluppa fotografie, Nathan, giocatore di football, incontra Carrie, la sua fidanzata, ed è oggetto degli sguardi ammirati di Brittany, Jordan e Nico, tre ragazze vittime di bulimia poiché ossessionate dal loro corpo, Michelle, studentessa timida ed emarginata per il suo aspetto fisico si occupa dell’organizzazione della biblioteca. Tutto sembra normale quando John esce dall’edificio e si imbatte in Alex ed Eric che in tuta mimetica ed armati entrano nella scuola seminando morte e terrore.
In Elephant, Gus van Sant, spiega come i problemi della società americana e, in generale di quella occidentale, nascono da un radicale distacco dalle abitudini, dalla normalità, dalla monotona e banale vita di tutti i giorni; lo fa prendendo come esempio un grave fatto di cronaca nera accaduto in un giorno qualsiasi in una qualsiasi località della provincia statunitense, universo spesso descritto come sano, puro ed indenne dal male. “Ne esce un quadro di desolante vuoto esistenziale, un tunnel che non ha una luce sul fondo. Non c’è più’ neppure la tragedia. La morte per strage si tinge di banale quotidianità.”**
I personaggi principali del film sono John, Alex ed Eric, interpretati rispettivamente da John Robinson, Alex Frost ed Eric Deulen.
*Fragapane Giacomo Daniele, Minuz Andrea: “Elephant di Gus Van Sant”
**Giancarlo Zappoli: “Elephant My Movies 2009”