Rapiti e uccisi da trafficanti di organi, un coppia di bambini ritorna dalla morte – o lascia che i loro spiriti aleggino in zona – per vendicarsi dei truci malviventi, guidati da una donna bella, ma minata da una grave malattia. Insieme ai malviventi, arrivano nella tenuta della capo banda una poliziotta tutta d’un pezzo, poco disposta a farsi soggiogare dal disgusto per gli aguzzini. Le sue indagini e la sua presenza non impediranno ai bambini di fare strage dei loro uccisori, anche perché la poliziotta non verrà minimamente creduta. Finale quasi deamicisiano.
Terribile bazzecola messa in piedi dalla coppia Nannerini e Lucidi, specializzati in piccolissime produzioni di genere carenti di mezzi economici e, soprattutto, di qualsiasi valenza tecnico-artistica (Bloody psycho, 1988 di Leandro Lucchetti).
Simonelli, sceneggiatore di lungo corso che nel genere ha scritto anche l’assurdo ma più che decoroso Sette scialli di seta gialla, 1972 di Sergio Pastore e il solido La morte negli occhi del gatto, 1973 di Antonio Margheriti, s’improvvisa regista di un suo “script” che ha più falle di un colapasta – una banda di malfattori che rapiscono bambini per avviarli alla prostituzione o per recuperarne organi sani che si materializzano in un pugno di modesti borghesotti di campagna; o una poliziotta appena arrivata che prende a pesci in faccia un procuratore perché non crede alla sua storia dei fantasmi vendicativi, tanto per fornire due esempi di completa assurdità – e, mutuando il titolo di una celebre fiaba narrata dai fratelli Grimm, si rifà ai più triti “topoi” del genere.
La Boaretto, al suo unico film, dimostra almeno di credere nel suo personaggio, in confronto a un cast che è vacuo nei ruoli comprimari e a volte eccessivo in quelli principali – Ronald Russo (L’isola dei morti viventi, 2006 di Bruno Mattei) – spesso trasformando la montante tensione in attimi di ridanciano delirio.
A questi “malus” si aggiungono poi la povertà degli effetti speciali – dei faretti rossi puntati sugli occhi dei bambini spettrali e qualche accettabile trucco “gore” dello specialista Pino Ferrante (Cannibal ferox, 1981 di Umberto Lenzi) – che non rendono la pellicola molto più gradevole.
Cerioni (Lager SSadis, kastrat kommandantur, 1976 di Sergio Garrone) chiude qui la sua onesta carriera di caratterista professionale.
Impalpabile l’apporto di un Lucio Fulci (Non si sevizia un paperino, 1973) non accreditato, che, quanto meno, avrebbe dovuto spiegare all’esordiente Simonelli che qualche sola scena “splatter” non fa un buon film dell’orrore.
Hansel e Gretel (1990 – Giovanni Simonelli)
