Un modesto impiegato di origini polacche, Trelkovski, è in cerca di un appartamento a Parigi. Ne trova uno di una ragazza, Simone Choule, che poco tempo prima ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra. Trelkovski si reca all’ospedale per cercare di parlare con la ragazza riguardo l’appartamento, ma questa è completamente fasciata, in fin di vita e incapace di parlare; per di più, alla vista di Trelkovski sembra avere una crisi isterica. Quando Simone muore in ospedale, Trelkovski entra in possesso della stanza e comincia a essere oggetto di una serie di angherie da parte degli inquilini (quasi tutti anziani dall’aspetto inquietante), che iniziano a trattarlo come se fosse la povera Simone. Anche i negozianti della zona sembrano volergli cucire addosso l’identità della donna morta, e Trelkovski, pian piano, inizia a non sapere più chi sia: incapace di distinguere tra realtà e psicosi, comincia a vestirsi come Simone, a comportarsi come lei e ad avere visioni inquietanti circa gli altri condomini.
A lungo andare, la situazione si fa sempre più drammatica. Sopraffatto dalla sua follia, Trelkovski si getta dalla finestra, tentando di suicidarsi come la precedente inquilina. All’ospedale, Trelkovski è completamente fasciato, in fin di vita e incapace di parlare. Un ultimo sprazzo di lucidità lo porta a vedere sé stesso al proprio capezzale, nel tentativo di parlargli circa l’acquisizione dell’appartamento. Il cerchio temporale si chiude. Trelkovski, completamente calato nella vita di Simone Choule, non può far altro che urlare disperato mentre guarda se stesso ricominciare dall’inizio l’intero ciclo narrativo, come in un diabolico gioco di specchi infinito.
“Polvere eri e polvere ritornerai, rimarranno solo le tue ossa, i vermi ti consumeranno gli occhi, le labbra, la bocca, entreranno nelle tue orecchie, s’infileranno nelle tue narici, il tuo corpo si putrefarà nei più reconditi recessi ed emanerà un orrendo fetore.”
Dopo il suo capolavoro Rosemary’s Baby, Polanski torna a cimentarsi con il dramma a tinte horror, elaborando il romanzo “Le locataire chimerique” di Roland Topor. La pellicola viene girata tra i claustrofobici e degradati spazi di un piccolo appartamento parigino dove si consuma la follia di un giovane immigrato polacco convinto di essere perseguitato dai condomini. Tale convinzione riesce a trapanargli la mente tanto da alienarlo totalmente dalla realtà fino a fargli assumere l’identità della donna che prima di lui aveva vissuto in quella casa ove vi era morta tragicamente. L’astuzia e la maestria espressa nel “giogo” di regia ove reale ed irreale assumono i panni dei veri protagonisti dell’intero lavoro. L’incertezza resa narcotica e plumbea dalle atmosfere dal retrogusto malsano unite alle ambigue anime dei vari personaggi che infestano le scene donano certamente un pathos inquietante all’interezza della pellicola ma quel che forse bisogna sottolineare è come il regista torna sul suo caro tema della quotidianità.
Il quotidiano visto come semplice riesce con grande naturalezza ad assumere un valore contorto , claustrofobico e carico di una tensione a tratti quasi insostenibile , rasente il complesso. La dannazione di tali riprese è uno spettacolo prodotto dall’eclettica mente di Polanski , in grado di creare deliri e sensazioni spesso inspiegabili senza ricorrere ad ausilio di artifizi. Paranoia ed angoscia si danno la gelida mano incastrandosi alla perfezione nelle mura dell’appartamento in cui nessuno sicuramente vorrebbe vivere. L’odio come un lombrico nel fango si insinua negli occhi indiscreti di vecchie megere dagli occhi indiscreti. Sguardi morbosi , insaziabili , sussurri sibili inarrestabili , petizioni che ricordano le vecchie condanne dell’inquisizione medioevale sono solamente alcuni dei macabri ingredienti che compongono questo austero minestrone.
L’horror diventa psicologico e ricorre il reale . La vera essenza del film forse sta proprio nella descrizione fenomenale del regista nel descrivere la nevrosi ed alcuni classici archetipi della coscienza umana come la paura , l’angoscia . Tali archetipi inoltre sono accentuati da una maniacale attenzione dei particolari , d’altronde Polanski risulta essere uno dei registi più attenti ai particolari vedi “Repulsion” e “Rosemary’s Baby” . Magistrali sono inoltre le sue attenzioni rivolte agli incubi ed alle allucinazioni ed alla deformazione grottesca di alcuni personaggi.
Magistrale la rappresentazione di se stesso all’interno della pellicola . La sua bravura sta sicuramente nel fatto di aver donato spessore e humor al suo personaggio che si pone in bilico tra l’irriverenza di Joseph K. de Il Processo ma che ricalca in maniera autobiografica la vita del regista con continui riferimenti alle difficoltà dell’immigrazione e dell’ambientazione di un polacco in terra francese ( tra l’altro esemplificato in maniera perfetta nel discorso con la polizia ).
Il dubbio , altro elemento simbolico del film, diviene forse il vero austero motore di questa follia cinematografica. I battiti ossessivi del vicino che impreca per imporre il silenzio , i geroglifici egiziani che Trevolsky rinviene in bagno , la mostruosità spettrale degli immobili personaggi inermi sotto la bianca luce del bagno che assumono sembianze di spettri in una camera mortuaria , sono sicuramente momenti dove follia e paranoia assumono il valore di materia prima.
L’inesorabile caduta nell’inferno paranoico nel finale del protagonista è l’emblema forse già annunciato del delirio che percuote le fondamenta digitali della pellicola.
Innovativo e sicuramente magistrale l’inquilino del terzo piano. Horror e fantascienza si muovono come notturni pipistrelli che fuggono dalle prime luci dell’alba . L’uso della Louma, una speciale telecamera montata a gru in grado di spostarsi su varie altezze (fu usata anche da Dario Argento in Tenebre) tra le altre cose conferisce a Polnaski inoltre un applauso nel ricercare nuove tecniche in grado di raccontare al meglio i suoi incubi visivi. Da notare come il film sia privo dei titoli di coda il film si chiude sulla bocca urlante del protagonista e il logo della Paramount