Nella sua casa d’estate su un’isola Johan Borg (von Sydow), pittore famoso, insoddisfatto e misantropo, “padrone” geloso di sua moglie Alma (Ullmann) e terrorizzato dalle ore notturne, tiene un diario dove annota i démoni della nevrosi e le allucinazioni che lo tormentano. In un castello vicino, ad Alma, che ha letto il diario, appaiono persone che assomigliano a quei démoni. Elaborazione di un copione (Gli antropofagi) scritto anni prima e girato nel 1966, è un film “terribilmente personale”, uno dei più foschi e appenati di Bergman. Il ricorso all’espediente dei fantasmi è giocato sulle corde di una ironia romantica che, nelle intenzioni dell’autore, è uno strumento per far sì che lo spettatore non s’identifichi con i personaggi, ma mantenga un distacco critico. “Ho osato fare alcuni passi, ma non ho percorso tutta la strada… È un passo barcollante nella direzione giusta” (I. Bergman)
L’ora del lupo è un film del 1968 con la regia di Ingmar Bergman.
Il cinema di Bergman è sempre stato pervaso di simbolismi. Le sue opere, anche quelle dalla narrazione più classica, spesso nascondono metafore e, simboli. Basti pensare a “Sussurri e grida”, “Il posto delle fragole”, “Persona”, “Il volto” o il capolavoro “Il settimo sigillo” . “L’ora del lupo” è però probabilmente il suo film più criptico, quasi surrealista, non solo nella fotografia e nello stile, ma anche nell’approccio al racconto, alla narrazione, ai personaggi. L’ora del Lupo, opera esemplare di tecnica filmica, di fotografia e di narrazione è un viaggio labirintico e lineare all’interno della mente umana e delle sue nevrosi.
Il protagonista Jonas è un pittore tormentato che decide di vivere su di un’ isola sperduta insieme alla sua nuova moglie Alma, personaggio al quale Bergman affida la narrazione del racconto. Jonas è alla ricerca di un isolamento sociale ed in fuga da un passato burrascoso non ancora risolto. Alma, completamente lontana dalla realtà, si scontra presto con l’incomunicabilità del marito e con i fantasmi della sua mente. Il baratro della nevrosi si apre quando lei, attraverso gli schizzi del marito ed il suo diario, entra in contatto con la dimensione irreale che Jonas vive. I personaggi da lui disegnati diventano così personaggi reali, nonché gli unici abitanti dell’isola: uomini alati, figure ragno che camminano sulle pareti, bambini demoni, donne dalla sessualità profondamente legata alla morte, tutte figure finte e diaboliche dall’aria artefatta e borghese.
Lentamente le due vite di Jonas, quella reale con Alma, e quella irreale e nevrotica che condivide con gli altri personaggi del film, si intrecciano e trascinano i protagonisti, e chi guarda il film, in un viaggio schizofrenico e allucinatorio che porterà alla distruzione.
La figura della moglie, unico personaggio che rimane ancorato alla realtà, diventa alla fine del film una figura chiave sia per capirne la storia in sé ma anche per andare al di là della narrazione, cogliendone i significati più nascosti.
“L’ora del lupo”, disarmante per linearità e coerenza delle scelte stilistiche, gioca tutto sui piani di realtà e allucinazione: i titoli di testa sono accompagnati dalla voce del regista che dà indicazioni ai suoi attori, come per ricordare allo spettatore la liquidità del confine tra reale e irreale. Confine che coincide con l’ora del lupo. L’ora del lupo è l’ora tra la notte e l’alba. È l’ora in cui molte persone muoiono, quando il sonno è più profondo e quando gli incubi sono più reali. È l’ora in cui gli insonni sono tormentati dalle loro più profonde paure, quando i fantasmi e i demoni sono più potenti”. E’ l’ora in cui l’uomo è solo davanti a se stesso, alle sue paure e alla sua follia, come se si guardasse dentro attraverso i frantumi di uno specchio rotto.