Tratto dal romanzo Alice nel paese delle meraviglie (1865) di Lewis Carroll, è il 1° lungometraggio del geniale Švankmajer che l’ha realizzato con cineprese vecchie, nella cantina e nel solaio del suo studio di Praga. Convinto che il romanzo sia più che un libro per bambini, un sogno legato alle sue esperienze infantili: “Bisognava che si avesse l’impressione, come in un sogno, che si trattasse di una realtà conosciuta. Alice è perciò circondata dai suoi giocattoli, ma nel film, come in un sogno, questi oggetti subiscono delle metamorfosi” (Švankmajer). È un film lungo, ma non prolisso, senza stereotipi né ripetizioni, che fa uscire Alenka (Alice) dal suo splendido isolamento: l’ambiente che la circonda s’impadronisce di lei e diventa aggressivo. Pur passando attraverso una specie di morte simbolica, è una donna-bambina libera e reattiva che domina l’immaginazione maschile e non ha dimenticato come si danno i calci. È lei stessa una regina: non solo del suo sogno, ma del sogno a occhi aperti del suo creatore. Švankmajer ha reinventato Carroll, aggiornandolo a più di 120 anni dopo.AUTORE LETTERARIO: Lewis Carroll
L’opera di Jan Švankmajer supera qualsiasi presupposto ordinario, alimentata da una irrefrenabile pulsione al movimento, dalla produzione incessante di immagini che mangiano altre immagini e da trovate artistiche dal forte impatto visivo. Il regista ceco ha iniziato la sua carriera nel 1964 girando più di 20 film, ma i suoi lavori sono poco conosciuti, sia a causa di restrizioni politiche che hanno censurato i suoi film in patria, sia perché nessuna sua realizzazione cinematografica è disponibile per il mercato dell’home-video del nostro paese. I suoi film sono in genere realizzati mescolando tecniche diverse, dalle animazioni a passo uno all’uso di marionette, dai disegni animati all’accostamento di materiali eterogenei. Coi suoi film Švankmajer infonde vita agli oggetti di uso comune; ci trasporta in un mondo magico in cui niente è inanimato, facendoci così dubitare della realtà stessa.
Nel 1987 Švankmajer realizza il suo primo lungometraggio, Něco z Alenky (Qualcosa da Alice) nel quale, ispirato dal consumo di Lsd, rivisita le storie classiche di Lewis Carroll (Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò) con uno stile originale: mentre i romanzi sono bizzarri e leggeri, Alice appare come un ritratto più oscuro e desolato della saga del Paese delle Meraviglie, permeato dalle influenze dark e dal “revival” del Gotico nelle arti e nella cultura della fine del Ventesimo secolo.
Il Paese delle meraviglie è un continuo alternarsi di aree ed elementi familiari che però appaiono in maniera illogica e sproporzionata. I suoi abitanti sono spesso strane misture di oggetti e animali morti, come un letto con le gambe d’uccello, o una lucertola impagliata con gli occhi di vetro.
Sono presenti anche alcuni personaggi dell’originale Alice nel Paese delle Meraviglie, ma compaiono con forme inquietanti: ad esempio il Cappellaio Matto è un burattino di legno, accompagnato da una lepre giocattolo con la carica a molla, ed il Brucaliffo è un calzino con gli occhi di vetro e una dentiera, che si autocuce in una stanza infestata da strani calzini animati che entrano ed escono freneticamente da buchi nel pavimento, le carte sono delle vere carte da gioco, le cui sagome dei personaggi prendono vita e dalle quali si ritagliano ed escono. Allo stesso modo diverse sequenze tratte dalla storia originale, come l’ingrandimento e il rimpicciolimento di Alice attraverso cibo o bevande inusuali, o le scene in cui i bambini che piangono diventano maiali, sono ritratte con forme inconsuete. Ad esempio, quando Alice diventa piccola, si trasforma in una bambola di porcellana con vestiti e capelli che somigliano ai suoi.
Il film contiene anche delle sequenze non presenti nel romanzo a cui è ispirato. In una di queste Alice è intrappolata dentro un sarcofago a forma di bara e rinchiusa in una assurda dispensa, piena di conserve umane e animali, dalla quale riuscirà presto a liberarsi trovando la chiave della porta, che era nascosta nella strana stanza. Questo mondo sotterraneo è popolato dalle creature degli incubi, assurde più che spaventose; le immagini sono spesso descritte come grottesche, perverse o disturbanti, pur non essendo mai ributtanti. Ad apparire più spesso sono il Bianconiglio, impagliato e col ventre squarciato da cui esce segatura che prontamente mangia di nuovo, e teschi di vari animali e fette di carne che si muovono morbosamente. Ricorrenti sono anche forbici e coltelli casalinghi che spesso costituiscono in maniera sorprendente i personaggi del film, i quali non sono altro che comuni oggetti di uso quotidiano che prendono vita.
Gli ambienti sono ugualmente inquietanti. Alice si meraviglia attraverso le infinite stanze scalcinate riempite con un’ infinita varietà di cianfrusaglie, vetrine e macerie. Sembra ci siano animali ovunque, quasi tutti impagliati o scheletrici. A volte l’ambientazione sembra ricordare vagamente case normali, dove soffitte e dispense sono riempite di oggetti di ogni genere e conservati per nessuna altra ragione se non che “un giorno potrebbero servire”. Alla fine del film, rimane enigmatica l’entità di ciò che è accaduto e lo spettatore resta privo di elementi per riuscire a capire se si trattasse di realtà o se Alice avesse sognato, e se stia ancora sognando.