David Robert Jones (Londra, 8 gennaio 1947) è un cantante, polistrumentista, attore e compositore britannico.
Attivo dalla metà degli anni sessanta, ha attraversato cinque decenni nella musica rock, reinventando nel tempo il suo stile e la sua immagine e creando personaggi come Ziggy Stardust, Halloween Jack e The Thin White Duke (noto in Italia come il Duca Bianco). Dal folk acustico all’elettronica, passando attraverso il glam rock, il soul e il krautrock, ha lasciato tracce che hanno influenzato molti artisti.
Come attore, dopo alcune piccole apparizioni ha avuto un buon successo nel 1976 come protagonista del film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg. Tra le sue interpretazioni più note si ricordano Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence) di Nagisa Oshima del 1983, Absolute Beginners e Labyrinth del 1986 e Basquiat di Julian Schnabel del 1996 nel quale interpreta il ruolo di Andy Warhol.
David Bowie è sposato dal 1992 con la modella somala Iman Mohamed Abdulmajid ed ha due figli, Duncan Zowie Haywood (nato nel 1971 dal precedente matrimonio con Mary Angela Barnett) e Alexandria Zahra (nata nel 2000), oltre a Zulekha, nata dal precedente matrimonio di Iman. Nel 2008 è stato inserito al 23º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone, e tra le sue migliori “tracce vocali” ci sono Life on Mars?, Space Oddity, Starman ed Heroes. Nel 2007 è secondo la rivista Forbes al quarto posto nell’elenco dei cantanti più ricchi del mondo.
Come attore, dopo alcune piccole apparizioni, ha avuto buon successo nel 1976 con L’uomo che cadde sulla Terra, di Nicholas Roeg. Tra le sue migliori interpretazioni: Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence) 1983 di Nagisa Oshima, Absolute Beginners 1986 di Julien Temple e Basquiat di Julian Schnabel. Dopo l’esordio con un album omonimo che passò quasi inosservato, trovò un primo successo nel 1969 con una canzone che racconta di un astronauta perso nello spazio: Space Oddity, di stampo romantico futurista. Subito dopo però si dedicò a un rock più sgherro, ambiguo e originale mescolando fantascienza, Dylan e Velvet Underground, decadentismo alla Oscar Wilde, rock duro come quello dell’amico Iggy Pop con gli Stooges. Lo chiamarono glam, fu uno dei grandi miti anni Settanta. Bowie ne diventò il sommo sacerdote con la sua stranita aria dichiaratamente bisex e con gli onirici abiti da scena cuciti dalla moglie Angela.
Dopo un’esperienza all’insegna di un rock duro e superamplificato con solo qualche sprazzo del Bowie che sarà (The Man who sold the World, forse il più duro tra i suoi album), la vera esplosione avvenne con Hunky Dory e The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars che contengono una enorme fetta dei suoi classici, ripetuti in qualunque concerto anche a trent’anni di distanza, da Changes a Starman, da Life on Mars? a Moonage Daydream, da Ziggy Stardust a Andy Warhol (dedicata all’artista e amico Andy Warhol).
Fra il 1972 e il 1973, nei panni di Ziggy Stardust portò in giro uno show dalle mille meraviglie dove il vero Bowie e la figura teatrale si confondevano tanto da rendere sottilissimo il confine tra realtà e finzione teatrale. Vanta di numerosissime collaborazioni con i migliori artisti dagli anni ’70, come l’amico IGGY POP; TINA TURNER per gli anni ’80, così come i Pet Shop Boys negli anni a venire e via dicendo. In altre parole il “padre indiscusso del glamrock”, precursore di contaminazioni elettroniche (già presenti suoni campionati in brani come Heroes del 1977). Insomma tutto quello che oggi conosciamo sulla scena che chiamiamo, pop music, è il derivato di influenze soprattutto del rock “bowieano”, e lui è sempre al di là dell’immaginazione, l’ascolto degli ultimi tre album, che trovate nell’elenco della sua discografia sottostante, è fondamentale per chiarirvi meglio ciò sopraelencato.
Al ritmo di un disco all’anno, Bowie per parecchi anni nel bene e nel male non si è mai limitato a creare un “marchio Bowie” uguale a sé stesso e rassicurante: dalle nostalgie beat con Pin-Ups, agli incubi orwelliani di Diamond Dogs, al R&B bianco con Station To Station e Young Americans, all’electro pop intellettuale che, secondo molti critici, costituirà la fase più creativa della sua carriera fra il 1977 e il 1979, con la cosiddetta triade berlinese di Low, Heroes e Lodger, album in realtà (salvo il secondo) realizzati solo parzialmente a Berlino, ma comunque fortemente influenzati dalle contaminazioni tra rock ed elettronica di cui erano maestri i Kraftwerk e i Neu, gruppi entrambi tedeschi.
Decisivo l’incontro con Brian Eno, altro reduce dal glam-rock dei primi ’70 con i Roxy Music del dandy Bryan Ferry. Altrettanto decisivo un successo ormai consolidato che permette all’artista di sperimentare soluzioni nuove senza inseguire il riscontro commerciale. Nel frattempo il personaggio non è più l’androgino Ziggy Stardust ma un thin white duke (sottile duca bianco) dalle inquietanti suggestioni androgine sotto uno stile musicale esteriormente sempre più macho.
Con gli Ottanta Bowie investe molto di più nella carriera di attore cinematografico e teatrale e incrementa, sia come numero che come grandiosità, i suoi tour, mentre la produzione discografica si basa per tutto il decennio su un raffinato quanto generico pop, con album che ruotano intorno alla title-track strutturata come hit da massiccia trasmissione radiofonica.
Tornerà la sperimentazione nei quattro diversissimi album degli anni Novanta, col risultato di spicco di Outside (e la creazione di un nuovo, sofisticato alter ego nella figura del detective Nathan Adler) a cui tornerà a collaborare Brian Eno, e un affascinante quanto artisticamente discutibile giocare con le tendenze musicali di fine secolo nella jungle di Earthling, e altri risultati brillanti come Reality, album del 2003. [cit. lastfm.it]